martedì 31 maggio 2011

Il tè a Londra: l'indirizzo


Appena finito di sviscerare tutti i miei posticini preferiti a Chelsea, devo tornare sui miei passi per dire che ne avevo dimenticato uno: o meglio non lo conoscevo proprio.
L'indirizzo del caso è uno di quelli imperdibili, no non lo dico così per dire, è proprio uno di quelle chicche da intenditori, da chi conosce la città e non si ferma ai soliti posti dove prendere la rinomata bevanda delle cinque (non li faccio i nomi, tanto se sono soliti li conosciamo tutti, no?!)

Ho scoperto Cocomaya un giorno che volevo approfondire le mie conoscenze del circondario tra Chelsea e Knightsbridge, e tra uno zig zagamento e l'altro ho notato un'insegna in ferro battuto estremamente interessante (non mi dilungherò sul fatto che per me l'insegna dice già la metà delle cose di un locale e sugli altri criteri con cui scelgo i posti che mi attirano:-). 
La sala da the aveva il tipico aspetto di localino molto curato e molto vicino a quello che da tempo stavo cercando a Londra: ovvero un posto raccolto, dai toni caldi e raffinati, con una proposta gastronomica di alto livello sia dolce che salata e dei dettagli che la caratterizzassero in modo chiaro (ora che rileggo mi accorgo di avere alcune pretese sulla merenda pomeridiana...), ecco Cocomaya in pochi metri quadrati mi sembrava centrasse in pieno tutti gli obiettivi.
Fattostà che per avere la certezza di essere di fronte proprio alla sala da the giusta bisognava andare in ricognizione il prima possibile, possibilmente con l'altra blogger per confrontare opinioni e gusti. 
La ricognizione, avvenuta durante una colazione in cui eravamo molto affamate, ha assolutamente confermato tutte le (veloci) aspettative che mi ero fatta ed anzi le ha perfino superate grazie alla prova croissant (ops ecco un'altro criterio, è il primo dolce che assaggio sempre in nuovo locale, se è buono quello allora ci siamo:-)


Lo ribadisco: il croissant era assolutamente perfetto come solo in Francia se ne trovano: ma questa non è un'eccezione alla regola: ho chiesto subito lumi e la pasticcera era francese, ah ecco:-)
Oltre al qui sopra fotografato, si potevano scegliere diversi tipi di pane, di tartes e di danish pastry, per continuare, come dire, la colazione in leggerezza (pensiero che in realtà non mi ha mai sfiorato essendoci qui 15 gradi, la leggerezza la lascio per il mio ritorno:-).

Altra nota assolutamente da menzionare è la marmellata servita in deliziose e raffinatissime coppette di cristallo con cucchiaino in argento: marmellata rigorosamente home made, ovviamente.


Per finire non posso non dire due cosette del servizio da the in dotazione (quello della prima foto per capirci): pezzi unici, dai soggetti antichi e moderni, vengono mixati tra di loro creando una curiosa sensazione di caos artistico molto particolare, che mi ha assolutamente affascinato.

Lo ripeto, è assolutamente da non perdere, quasi che potrei finire per dirlo con un tono leggermente autoritario:-)

Cocomaya: Unit 10, 186 Pavillion Road, London
                   Se siete in zona Marble Arch: 12 Connaught Street, London



giovedì 19 maggio 2011

Mi sono rinnamorata dell'Italia



E' successo così, d'un tratto, come avviene sempre con i colpi di fulmine.
E' bastato un secondo e l'ho riconosciuta, l'ho sentita mia, l'ho sentita così prossima a me come cultura, storia e modo di pensare.
Il primo segno della nuova infatuazione è stata lo smarrimento, poi è sopraggiunta la lentezza e subito dopo la velocità nel calcolare quanti giorni mancano al mio rientro: 48 esatti. 

18 maggio, mattina: arrivo al bar per iniziare il turno e mi accoglie il cartello: "Coffee machine out of order, we can serve you only tea". Meraviglioso, penso. Poca gente e ovviamente massima facilità nella gestione della cassa: dovrò schiacciare solo un tasto.
Intanto il mio capo mostra chiari segni di insofferenza nei confronti della situazione, comincia a guardare l'orologio, si spertica in scuse con i clienti, continua a chiamare il manager per poter calcolare quante ore di business perderemo, mi dice di sorridere più del solito.
Io faccio del mio meglio per non far trasparire la mia più assoluta gioia per la situazione, una calma irreale che in effetti, però, mi fa proprio sorridere più del solito.
Poi d'un tratto sento fischiare, un motivetto che fa anche mio padre quando guida e mi giro: lui, l'addetto alla riparazione della coffee machine è appena arrivato e con un romano dall'accento inglese si presenta: "I am Pino, from Rome".
Sorrido, già la parlata è adorabile. 
Scopre che sono italiana e mi confida che è poeta, "compongo pensando d'esser sui colli de Roma", passano appena due minuti e comincia a recitarmi le sue creazioni, incredibilmente belle devo dire.
Il mio capo mi fa segni inequivocabili, devo togliermi di lì, non perdere tempo e andare a pulire tavoli ancora puliti. Mi scuso con Pino, che alza gli occhi e mi dice "non te preoccupare, li conosco questi, lui (il mio capo, ndr) ucciderebbe per un caffè", non posso che sorridere e dentro di me comincio a pensare.

E' vero non possiamo fare caffè, che per un bar è piuttosto limitante. Ma per dio, può ben succedere che la macchina del caffè si rompi e che il cliente per un giorno non abbia il suò caffè in 20 secondi.
Pino intanto continua a fischiettare, a recitare poesie sottovoce ("e pazienza se non le capiscono") davanti all'incredulità e nervoso del mio capo: cosa penseranno i clienti di questo meccanico farneticante cose incomprensibili mentre smonta una macchina del caffè? 

In Italia, insieme alle poesie di Pino, sarebbero arrivate le opinioni degli altri clienti sul guasto, la telefonata a quell'amico che aveva un parente che mi sembra abbia avuto lo stesso problema e alla fine, poi, si sarebbero tutti accesi una sigaretta, finendo, perchè no?, con una birretta.

Visione romantica? Forse. E' proprio per questo che poi in Italia non funziona niente? Vero anche questo.
Però, c'è un però grande come una casa: la qualità della vita non è data solo dal lavoro in sè, ma da come esso si svolge. Se non posso neanche perdere cinque minuti perchè altrimenti il business ne risente, forse a fine mese avrò più soldi ma la qualità della mia vita sarà uguale a zero.

E' così che Pino finisce la sua riparazione, il grande capo sorride sollevato e lui prima di salutarmi mi dice "bambina, se puoi tornatene in Italia che qui son solo lacrime e sangue", lo ringrazio, gli do la bella notizia che un volo prenotato c'è già e immagino me stessa avvolta da sapori, odori e suoni italici.

Dura poco, un cliente vuole già il cappuccino dalla nuova coffee machine.

Non c'è problema sorrido e mi viene in mente la foto qui sopra, scattata in un pomeriggio d'estate l'anno scorso. 
Non c'è foto più italica di questa: anziani che giocano come ragazzi a calcetto, nella piazzetta di un paesino uguale a se stesso a memoria d'uomo.

Grazie a Dio abbiamo ancora tutto questo.


lunedì 16 maggio 2011

Food Halls: cosa, dove, come


E così è passata pure Pasqua, il matrimonio di Kate&Will, il primo maggio ed il mio primo giorno di lavoro.

Ecco anche questa volta ho trovato una buona giustificazione sulla cadenza dei miei post, ormai mensili e non più settimanali :-)

Al contrario dell'altra blogger, il lavoretto qui trovato è proprio di quelli che non fanno curriculum  (soprattutto per chi ha intenzioni slow foodiane nel proprio futuro), lavoro infatti niente popò di meno che nella catena Costa, quelli che il caffè lo fanno meglio, come dicono loro.
L'esperienza per quanto proponga un modo di lavorare un tantinello stressante, è comunque molto interessante, dopo anni di studio sul perchè le multinazionali sono la rovina del mondo, lavorarci all'interno ti permette di avere una prospettiva migliore della situazione e pura un'opinione più conscia di queste gigantesche macchine organizzative,  le quali qui sono il presente e non il futuro (come da noi invece invocano i no global che da queste parti penso si siano dati a nuova battaglie perchè questa è sicuramente persa).
Dicevamo, il lavoretto serve per parlare inglese con una certa continuità, guadagnare due soldini e finire la London Experience con un bagaglio sia umano che lavorativo, per poi così passare in autunno, con assoluta non-chalance alle tematiche dell'agricoltura sostenibile, della preservazione dei nostri prodotti agricoli in quel di Pollenzo (e tanti saluti alle centinaia di litri di latte di allevamento molto più che intensivo che ogni giorno metto in ordine :-)

Ora però andiamo con ordine: la foto qui sopra, di apertura diciamo, è quella del nostro pic-nic pasquale, trascorso nell'immenso e volutamente non curato Richmond Park, il parco urbano più grande d'Europa che ospita al suo interno addirittura dei cervi liberi, i quali ci hanno fatto una discretissima compagnia da lontano.
Le tovagliette del Peter Jones sono state prontamente ricoperte di creazioni home-made: un tortino di ceci con broccoli e curry (sì quello giallo avvolto nella carta da forno!) e delle piccole quiche alla ricotta, yogurt e zucchine con basilico. Omaggio alla tradizione con la colomba biologica volata direttamente qui da Imola. 
Nostalgia per agnelli&co: nessuna (e nemmeno dell'abbiocco post-prandiale e della limonata serale per poter digerire:-)

Pasqua ha visto inaugurare la stagione turistica di Londra con un boom di italiani degno da nuovo miracolo economico: i quali come si sa, adorano passare il loro tempo nei templi dello shopping londinese che di nome fanno: Harrods, Fortnum and Mason, Selfridges e Harvey Nichols.
Tutti ospitano sontuose Food Halls, indirizzate però a diversi target di consumatori: se da Harrods il concetto è la miglior scelta possibile a qualsiasi prezzo, da Selfridges si privilegiano prezzi più umani e mode del momento, mentre F&M cambia raramente la disposizione e l'offerta alimentare incarnando così al meglio lo spirito conservatore british e infine HN punta a colpire la borghesia dai gusti internazionali: amplia scelta, arredamento moderno, prezzi sostenibili.
Qualsiasi siano le vostre esigenze o i vostri gusti, ognuno di questi posti vi offrirà il meglio in circolazione e sono sicura che non rimarrete delusi!



Harrods: delle Food Halls del più noto grande magazzino inglese si è detto di tutto e di               più e come tutti i posti molto famosi suscita sentimenti contrastanti: chi detesta l'altezzosità del proporre a prezzi stellari frutta e verdura e chi invece non può che amare i lampadari e le maioliche decorate. Può essere un incubo per gli ossessionati del cibo a km 0 e della stagionalità della frutta ed un paradiso per chi vorrebbe mangiare anguria tutto l'anno. 




Noi usiamo Harrods per come secondo noi va usato: controlliamo le offerte e proviamo prodotti nuovi, che in Italia avremmo difficoltà ad assaggiare come i formaggi baschi e quelli irlandesi, i chutney del reparto indiano e l'aglio marinato libanese. Per il dolce si và nel reparto the, dove con un pò di fortuna si possono trovare mousse aux chocolat e mille-feuilles a metà prezzo. Per fare tutto questo dovrete solo passare dopo le 17:00 e cercare il cartellino -50%.
Good luck!

Selfridges: qui troverete i veri londinesi, quelli che Harrods lo snobbano da quando è stata installata la fontana in memoria di Dodi e Diana (concordo, assolutamente terribile!) e che vogliono passare con disinvoltura da Pierre Hermè al Daylesford Organic senza fare troppa strada. Nel mentre noteranno anche i biscotti provenienti dalla comunità di S.Patrignano, sceglieranno farina del Mulino Marino per la loro polenta e faranno incetta di spezie in un reparto più che esaustivo, per poi innaffiare tutto con preziosa acqua Tynant dalla bottiglia molto glamour. Per finire una tavoletta di cioccolato Amedei potrebbe accontentare tutti. L'avrete capito da Selfridges, si trova tutto :-)

Fortnum and Mason: il regno dello spirito conservatore british ha qui la sede da circa 250 anni, portati, c'è da dire, magnificamente:-)
Il posto è classico ed elegante come ci si aspetta ma non oltrepassa mai il confine del kitch, dell'altezzoso, dello snob. 
Le varietà di the, caffè e cioccolata oltrepassano i confini dell'immaginazione come pure quella dei biscotti e dei mieli. 
Le marmellate che troverete qui, non le troverete altrove e il reparto praline ha un che di magico. Dimenticavo, non uscite senza essere passate al reparto casalinghi upstairs, meno famoso degli altri ma secondo noi impareggiabile con i suoi cestini da pic-nic in vimini e foderati in fantasia scozzese e gli accessori per preparare un the da favola!
Non devo aggiungerlo, l'avrete capito, F&M è uno dei miei posti preferiti e forse se dovessi scegliere una Food Halls tra tutte, sarebbe la mia scelta. Puro spirito british incarnato tra quattro mura.



Harvey Nichols: di tutte le Food Halls queste sono certamente le più nuove e anche le meno visitate dai turisti, i quali HN spesso proprio non lo conoscono. 
Per noi è stata una piccola sorpresa, scoprire questa sorta di grande supermercato internazionale frequentato da molte colf e qualche casalinga inglese, che si rivolge molto chiaramente ad una clientela giovane moderna, abituata fino dalla nascita a tante cucine, che non rinuncia, qualche volta, a ricrearsele a casa usando solo i migliori ingredienti.



L'arredamento moderno, le scaffalature in acciaio e i pavimenti grigio tortora danno un'aria internazionale a questo quinto piano goloso, nel quale la sezione del made in Italy è più che mai rappresentata: dalla passata biologica al pesto di Prà, ai pomodorini calabresi sott'olio ai tarallini, nulla sembra mancare.
I reparti del formaggio e della charcuterie non hanno niente da invidiare a quelli del dirimpettaio Harrods, a voi la conferma...


Con questa piccola e non esaustiva panoramica dovrebbe essere più facile scegliere dove passare il pomeriggio ammirando e facendo incetta di tutti i più diversi prodotti che affollano gli scaffali della capitale..
Ricordandosi che potrebbe essere la volta giusta per poter far scorta di tutte quelle spezie e quei tipi di the, riso, udon e noodles che da noi è quasi impossibile trovare..
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