sabato 23 luglio 2011

Un futuro @ chiocciol@



Dopo aver fatto qualche riflessione sul ritornare a casa e dopo aver congedato con un ultimo post l'anno britannico è ora di voltare pagina, di guardare al futuro. 
Futuro che ha sembianze lumacose (o chiocciolesche?!) e che sarà vissuto nelle slow hills più famose del mondo: le Langhe. 
Proprio lì infatti sorge l'università di Slow Food, un piccolissimo ateneo fondato da Carlo Petrini nel 2004, per formare ragazzi (provenienti da tutto il mondo) alla nobile scienza della gastronomia in tutti i suoi molteplici aspetti: economia, storia, marketing, aspetti microbiologici e chimici, giornalismo, logistica dei trasporti, diritto: il cibo si può studiare e declinare in mille modi:-)
L'università si è imposta in pochi anni come un gioiellino didattico, un'oasi felice dove le percentuali di occupazione dopo la laurea raggiungono la sbalorditiva cifra dell'80% e dove la componente straniera nei corsi (sono tutti sia in italiano che in inglese) è altissima.
Con queste premesse quando ho saputo che avrebbero organizzato un open day per le future matricole (nooo! di nuovo?!) mi sono subito iscritta per vedere e toccare con mano cotanta organizzazione e 
assaggiare quello che spero (finchè non ho la conferma dell'ammissione, meglio tenersi sul vago:-) sarà il posto dove spenderò i miei prossimi due gustosissimi anni.

Ovviamente l'open day non mi ha deluso, a partire dalla borsina dell'università gentilmente offerta con all'interno già pronto tutto il materiale per la specialistica, alla chiarezza dei professori nello spiegare il metodo didattico con alcune frasi illuminanti ("non si può pensare di studiare il cibo senza assaggiarlo e vederlo fare nel posto d'origine", sembra ovvio ma vi assicuro che non lo è), al vassoio di pasticcini piemontesi offerto durante il break, a tutti i numeri di telefono per avere eventuali chiarimenti, fino alla visita dei locali dell'università, uno più bello dell'altro.

Con gli occhi pieni di meraviglia, dopo tre ore sono uscita da questa "città del gusto" estasiata e conquistata dal modo in cui la allora visionaria idea di Petrini di creare una università monotematica, è stata concepita e realizzata (e pure migliorata) negli anni.

Le campane suonano mezzogiorno e alzando brevemente lo sguardo per intercettare il campanile, vedo Bra che si staglia dalla collina dove è adagiata. Nella cittadina oggi è giorno di mercato e per di più c'è l'osteria dove ha la sede nazionale Slow Food: l'Osteria Boccondivino.
Trovarla è facile, meno scegliere cosa mangiare in un tripudio di specialità piemontesi, propendo così per un classico ultra leggero vista la temperatura: tonno di coniglio grigio di Carmagnola (ovviamente presidio Slow Food:-). 
Giusto il tempo dell'attesa per assaporare questo locale fuori dal tempo, all'interno di un cortile di una vecchia casa con i ballatoi esterni.. Il giardino degli aromi è di fianco al nostro tavolo, i cuochi escono per raccogliere cosa gli serve, le cameriere nel frattempo salutano gli inquilini dei ballatoi..
Il tutto in un'atmosfera intrinsicamente slow.   

PS: Mi scuso per la qualità delle foto, ma la food blogger addetta alla fotografia è rimasta a Londra fino a fine mese così io devo far da me con il cellulare..

sabato 16 luglio 2011

Tips&trips


Dicevamo per l'appunto riguardo ai pezzi di vita inglesi trapiantati qui in Italia alla velocità di un oretta scarsa. Gli ultimi tasselli di questo pesante (più di 30 kg di bagagli:-) mosaico sono state le fotografie e tra di esse sono spuntate quelle dell'unico one-day-trip che abbiamo fatto: Brighton.

Fine giugno, giornata caldissima anche per noi italiani, città semi-vuota, la vecchia abitudine universitaria di percorrere nella bella stagione la Parma-La Spezia per sbucare nella meravigliosa Lerici appena due ore dopo: pochi (nostalgici) elementi che ci hanno convinto a voler vedere un po' di "mare inglese" e farci un'idea di cosa fosse l'Inghilterra fuori da Londra.

Brighton. Esci dalla stazione e ti sembra di essere a S.Francisco, tutto un sali e scendi di colline che portano all'oceano, atmosfera molto freak, universitaria, disimpegnata. Arrivi nel piccolo centro storico dove per una volta ringrazi il cielo di non vedere la solita parata di Eat!, Pret a manger, Starbucks e Costa e invece assapori i piccoli negozietti e caffetterie che qui incredibilmente resistono ancora, poi noti i numerosi negozi vintage ed il primo supermercato bio inglese (aperto addirittura negli anni '70!). Il posto ci piace, ha una sua anima, forse un pò caricata ma comunque ce l'ha. Passiamo oltre il famoso Royal Pavillion e ci ritroviamo in una piazzetta dal sapore molto francese per scivolare poi in una piccola via che porta al lungomare (o lungoceano?!) dove ci sarebbe dovuto essere il posticino che avevamo scelto per pranzare: uno dei più vecchi ristoranti veg della città, consigliato in tutte le guide e blog inglesi: Terre à Terre.   

L'inizio non è facile, il menu è complicatissimo: i piatti sono composti da una miriade diversa di ingredienti, i quali a loro volta sono del tutto sconosciuti, anche con l'aiuto del dizionario gastronomico non ne veniamo fuori. Pazienza, ci butteremo più o meno a caso, mangeremo cose sconosciute e ci arrovelleremo il cervello tutto il giorno su quella strana radice/foglia/spezia:-)



Il risultato ha superato le nostra aspettative: uno stranissimo rösti su latte di cocco sormontato da lenticchie rosse in umido e halloumi fritto per me, un piatto quadricomposto per l'altra food blogger con un tripudio di chutney, intingoli, lenticchie e focaccine. Tutto stranissimo, molto speziato ma assolutamente buono.
La scelta dei dolci ci appare subito più semplice e io mi innamoro all'istante di un dolcetto di pistacchi all'acqua ai fiori d'arancio, con albicocche al cardamomo e bicchierino di caffè aromatizzato al medesimo. Mai scelta fu più felice:-)

All'uscita ci dirigiamo verso il lungomare, dove rimaniamo basite: la Brighton appena descritta non esiste più, la sua anima si deve essere rintanata in quel dedalo di viuzze dopo essere stata sconfitta da un turismo di massa che vuole un Mc Donald's anche a bordo spiaggia. 
D'improvviso la gente è tutta in sovrappeso, l'odore nauseabondo di fritto si mescola con quello di caramello creando un mix micidiale, una sorta di odore alza-colesterolo e glicemia. 
Il nostro sguardo intercetta il Pier, il vecchio pontile in stile liberty ora adibito a parco giochi, esempio brillante di come abbruttire il passato. Il Pier però ha un vantaggio: è abbastanza lungo per regalare una buona panoramica della "marina di Brighton" e farsi così un'idea dell'insieme.
Ebbene l'insieme è piuttosto sciatto, decine di palazzi dalla facciata scrostata e molti chiaramente in rovina, corona il tutto un traffico da tangenziale di Milano sul lungomare.
Mah. 
Descritta come la perla delle località marittime dell'Inghilterra, ci aspettavamo qualcosa di veramente speciale o quantomeno una pulizia e cura degne del "luogo preferito dei Londinesi dove avere una seconda casa" (Lonely Planet).


Finita la cronaca del nostro unico giretto fuori Londra, ecco la parte dei "tips" ovvero dei consigli/trucchetti per chi invece si appresta a fare quello che noi abbiamo appena fatto: passare (more or less) un anno in Inghilterra.
  • Alloggio: Noi non l'avevamo capito così bene quindi mi sento un pò in dovere di ribadirlo: cercare casa a Londra vuol dire essere disposti o a vivere con gente che non conoscete e condividere potenzialmente tutto (camera, bagno e cucina) o altrimenti spendere moltissimo e rivolgersi ad una agenzia. La quale vi chiederà l'affitto anticipato di un anno intero a meno che non abbiate già un contratto di lavoro in Inghilterra e anche a questa condizione non è detto che vi considerino più di tanto. Insomma sarà la parte più difficile dell'avventura, dimenticatevi le vostre condizioni di igiene, ordine e pulizia, preparatevi a moquette in bagno e cucine mai pulite in vent'anni. Per molti l'idea della condivisione è eccitante ad altri terrorizza, per tutti, non sopravvalutatevi troppo: la città è difficile, la lingua è spesso incomprensibile e se anche quando tornate a casa non trovate niente come l'avevate lasciato e tutte le pulizie da rifare potrebbe diventare ben presto un incubo più che una esperienza. Ovvio serve anche questo, ma quando si è là tutto è diverso e si è molto meno comprensivi verso le asprezze della vita:-)
  • Lavoro: se siete cuochi e camerieri no problem, la città pullula di richieste.                                  Per tutti gli altri che vorrebbero fare magari la commessa o coltivano il sogno di lavorare al Borough Market, bè ecco, come dire, lasciate perdere. Nessun datore di lavoro vi prenderà in considerazione se non avete già delle pluri esperienze come commesso o venditore in UK e poi preferiscono prendere degli inglesi per essere sicuri dell'aspetto linguistico. Iniziate da dove lo fanno tutti ovvero dalle catene di caffetterie per poi magari passare a catene di vestiario e così dicendo. A mio avviso è l'unico modo per non perdere troppo tempo.
  • NIN: il codice fiscale inglese si ottiene facilmente con un contratto di lavoro in mano molto difficilmente in caso contrario. Dovrete chiamare un numero dove vi faranno poche semplici domande, vi prenderanno appuntamento in un job center dove con il contratto in mano, il passaporto ed una proof of address vi assegneranno il famoso NIN, che poi vi arriverà per posta qualche giorno dopo. Ovviamente tutto gratis:-)
  • Conto in banca: Barclays. Andate lì non prendete nemmeno in considerazione le altre banche, servono veramente solo 10 minuti ed il conto è gratuito. Vi richiedono il passaporto e la solita proof of address (altro non è che una lettera ricevuta a casa riportante il vostro nome, non vale quella della mamma dall'Italia:-), sono disponibilissimi e sono quelli che vi faranno meno storie di tutti gli altri (un'altra banca a me aveva chiesto addirittura un estratto conto italiano tradotto in inglese!).
  • Spesa: Non è vero che in Inghilterra non ci sia cibo buono e italiano, c'è tutto, solo che lo strapagherete:-) Il supermercato Waitrose è quello che più si avvicina ai nostri standard, troverete persino la pasta Cocco e la passata bio, ovviamente non aspettatevi lo scontrino della Coop. Il modo migliore per approvigionarvi è quello di frequentare i farmer's market: il più grande è a Marylebone, ma quasi ogni quartiere ne ha uno, per le info qui. Per alcuni generi come il Parmigiano il mio consiglio è di portarvelo da casa, là costa ovunque più del doppio, e come si fa a starne senza?!

Dopo aver scritto il post più lungo da quando è nato il blog, dichiaro qui finiti i post a tema Gran Bretagna! 
Dal prossimo il tema sarà molto Slow Foodiano:-)


lunedì 11 luglio 2011

Tornare.



Tornare. Dopo quasi 8 mesi dall'altra parte d'Europa a confrontarsi tutti i giorni con una lingua e cultura che non ti appartiene e con tutte le difficoltà del caso che possono sopraggiungere. 
Tornare. Casa, genitori, un parente in formato peloso che ti fa mille feste, una giornata bellissima e poi il diluvio universale. 
Tornare. Aprire le valigie e cominciare a cercar posto per i tasselli del mondo inglese che ti sei portata a casa. Quanta roba, quanti libri, quanti dvd, quanti scorci di vita trapiantati con una sola ora di aereo. 
Tornare. Il tuo lago, i tuoi scorci e le tue passeggiate preferite. Una cucina piena di frutta, trecce d'aglio ed aromi più che Mediterranei. 
Tornare. Il confronto tra Malpensa ed Heatrow è impietoso, come fa la capitale economica d'Italia ad avere un aereoporto deserto e semi-fatiscente? Dov'è l'efficienza inglese, il suo allegro melting-pot e i collegamenti veloci per il centro città? 
Tornare. Il primo aperitivo, le prime chiacchiere nella tua lingua e uno scontrino di pochi euro.
Tornare e sentirsi in mezzo a due mondi, domandandosi per la prima volta a quale appartieni di più e capendo che forse a nessuno dei due. 
La meta definitiva, forse, deve ancora arrivare.  
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...